E' possibile il comodato d'uso delle parti comuni?
Il comodato è il contratto col quale una parte consegna all'altra una cosa mobile o immobile, affinché se ne serva per un tempo o per un uso determinato, con l'obbligo di restituire la stessa cosa ricevuta.
Il comodato è essenzialmente gratuito.
Questa la definizione di comodato contenuta nell'art. 1803 c.c.
Si tratta di un contratto di natura reale, ossia di un accordo che si perfeziona con la consegna della cosa da parte del comodante.
La gratuità è l'elemento che lo differenzia sostanzialmente dalla locazione; per questo nel comodato non può parlarsi di contratto a prestazione corrispettive; infatti, il comodante ha l'obbligo di consegnare la cosa pattuita, ma il comodatario, al di là degli obblighi di custodia e riconsegna, non ha un obbligo corrispondente al primo.
Il comodatario diviene detentore qualificato del bene, da ciò discende che, “quale detentore della cosa comodata, non può acquistare il possesso ad usucapionem senza aver dimostrato la sussistenza di una interversio possessionis, dovuta a provvedimento di un terzo o in forza di opposizione da lui fatta contro il possessore” (Cass. 17 novembre 2009 n. 24222).
Il contratto di comodato, è bene ricordarlo, non necessita della forma scritta e della registrazione alla pari del contratto di locazione ed in relazione alla durata può essere così disciplinato:
a) l'accordo prevede una durata prestabilita al cui termine il bene dev'essere riconsegnato;
b) l'accordo non ha una durata predefinita e se questo non è desumibile dall'uso a cui la cosa doveva essere destinata, il comodatario è tenuto a restituirla non appena il comodante la richiede (art. 1810 c.c.).
In questo contesto di carattere generale, passiamo ora a sovrapporre la disciplina del comodato d'uso con quella della gestione delle parti comuni di un edificio in condominio: è possibile concedere queste ultime in comodato?
Se si, decide l'amministratore o l'assemblea?
E se decide l'assemblea quali sono le maggioranze necessarie?
Partiamo dal primo quesito: è sicuramente possibile addivenire alla conclusione di un contratto di comodato delle parti comuni.
Prendiamo come punto di riferimento per fornire questa risposta la disciplina della locazione delle cose comuni.
Locazione di parti comuni a soggetti estranei al condominio o ai singoli comproprietari
Quando s'è occupata di questo argomento la giurisprudenza ha avuto modo di affermare che “la locazione di una cosa comune è considerata atto di amministrazione ordinaria "essendo possibile conseguire la finalità del miglior godimento delle cose comuni anche attraverso l'accrescimento dell'utilità del bene mediante la sua utilizzazione indiretta (locazione, affitto); ne consegue che, ove l'Amministratore del condominio abbia locato il bene condominiale anche in assenza di un preventivo mandato che lo obbligasse a tanto, deve ritenersi valida la modifica del suddetto contratto di locazione disposto dall'assemblea dei condomini con deliberazione adottata a maggioranza semplice(Cass. 21 ottobre 1998 n. 10446)” (Trib. Roma 24 giugno 2011 n. 13705).
Il fatto che rispetto alla locazione non vi sia corrispettivo (e quindi miglior godimento attraverso una rendita) non è fondamentale in quanto il miglior rendimento può consistere anche nella maggior cura messa dal comodatario nella gestione di un bene che altrimenti finirebbe per essere trascurato.
Per rispondere alle ultime due domande, quindi, è possibile affermare che è preferibile che il comodato sia deliberato dall'assemblea, anche se la concessione da parte dell'amministratore può essere ratificata dall'assemblea.
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